EFFETTO OTTO SETTEMBRE 1943
Recentemente si fa un gran parlare degli effetti psicologici causati dalla pandemia da Covid-19, soprattutto relativamente alla manovra preventiva del lockdown; una volta cessata quest’ultima, ci si è spesso chiesti se, e come, le nostre abitudini potessero essere cambiate.
Di certo esse non possono non aver subito dei risvolti, data la traumaticità dell’evento: colpisce però la singolarità dell’atteggiamento di molte persone di fronte alla riapertura delle attività e della circolazione.
Sembra infatti che, dopo il Coronavirus, serpeggi un’altra forma di contagio: quello della negazione e della repulsa, che può essere sintetizzata con l’espressione <ormai è tutto finito>.
In realtà basta dare un’occhiata fuori dai propri confini e si scorgono realtà drammatiche: se non si vuol andare a guardare negli Stati Uniti o al Brasile, percepiti come troppo lontani, basterebbe constatare che in Spagna si è reso necessario il ripristino del lockdown, in quanto i nuovi casi di contagio sono drasticamente aumentati.
Eppure, di qua delle Alpi, incuranti delle stragi avvenute non più tardi di tre-quattro mesi fa, si dilaga il pensiero che non c’è più niente da temere, o addirittura che non c’è mai stato nulla da temere, che tutto è stato un complotto, una finzione.
Sia dietro a quest’ultimo atteggiamento dai tratti paranoici (<vogliono farci credere che c’è pericolo per manovrarci>) che a quello che dipinge un lieto fine (<ormai non c’è più nulla da temere>) si annida un pensiero magico che ha la funzione di sollevare dallo stress, ma che non ha nulla di razionale (rimando come sempre alla lettura del mio articolo sul funzionamento dell’Istanza Emotiva per comprendere meglio il concetto).
L’ho chiamato effetto Otto Settembre 1943, una data nefasta per la storia d’Italia, ma che ha avuto, tra le sue peculiarità anche un atteggiamento magico similare, da parte della popolazione.
L’allora capo del governo, il maresciallo Pietro Badoglio, annunciò l’armistizio tra l’Italia e le forze Anglo-Americane, il che equivalse, per la gran parte degli ascoltatori alla radio, alla dichiarazione che <la guerra era finita>.
Poco importava se, in coda al proclama, Badoglio ribadisse che
“ (le forze italiane) … reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza (che non siano Inglesi o Americane)”;
il messaggio che la gente voleva sentire era passato, e si diffuse presto la Grande Illusione che la guerra fosse finita.
Non voglio ovviamente dire che Badoglio si sia comportato in maniera ineccepibile, anzi: la sua comunicazione fu comunque ambigua, soprattutto nelle (mancate) direttive che egli, in quanto comandante delle Forze Armate (non) diede alle truppe italiane dislocate nei diversi scenari di guerra; ora però volevo solo focalizzare l’attenzione sull’atteggiamento popolare.
Dopo un forte stress, nel caso della Seconda Guerra Mondiale protrattasi per anni, in qualsivoglia novità si vuole scorgere un sollievo, cioè la risposta positiva alle nostre speranze: e a ciò ne segue un comportamento coerente, in linea con la cessazione delle sofferenze.
Allora, nel 1943, la Grande Illusione durò giocoforza poco, e il risveglio fu parecchio brusco: le forze italiane non si prepararono al (prevedibile) assalto degli ex-alleati tedeschi, i quali invasero la penisola da Nord, laddove gli Alleati la stavano già risalendo da Sud. La successiva liberazione di Mussolini da parte dei tedeschi diede il via alla creazione di un nuovo stato-fantoccio, la Repubblica di Salò, che istituì nuovamente il regime fascista nell’Italia del Nord: dopo l’8 settembre 1943, quindi, l’Italia si trovò a essere teatro di guerra al Sud e palcoscenico di una guerra civile al Nord (da una parte fascisti e tedeschi, dall’altra i partigiani antifascisti).
Altro che fine della guerra!
Ovviamente non auspico né predico che un finale altrettanto tragico avvenga dopo il riavvio delle attività post-lockdown: il trauma della pandemia è stato di entità minore rispetto alla guerra, ma naturalmente anch’io mi auguro che non ci sia un ritorno della sua diffusione.
È proprio per questo che auspico invece una consapevolezza maggiore rispetto all’<Effetto 8 Settembre 1943>: tutte le notizie, sia quelle che provengono dal nostro governo che quelle provenienti dall’estero dovrebbero mantenerci in allerta.
Noto invece che l’atteggiamento dominante è simile a quello della scotomizzazione della frase finale di Badoglio, che sottolineava la necessità di reagire ad attacchi di altra provenienza: ora come allora, pare che tali richiami (<la pandemia non è terminata, bisogna comunque essere prudenti, ci può essere una seconda ondata>) vengano bypassati, come se la loro natura fosse fallace, una pura formalità.
Ribadisco che si tratta di una reazione psicologica comprensibile, ma tutt’altro che razionale: la nostra Emotività si coinvolge nella speranza, e nega con forza ogni evidenza che si frapponga a essa.
In Brasile, negli Stati Uniti e in molti altri Paesi l’effetto 8 Settembre 1943 deve ancora avere la possibilità di svilupparsi: in Spagna si sta spegnendo insieme alle cattive notizie.
Auspicherei che da noi tale effetto sparisse sulla spinta della prudenza; per ora constato che non è così.