08 Mar

LE RELAZIONI INTERPERSONALI NEL TRIBUNALE INTERNO

Ciò che il nostro Tribunale interno ha sentenziato per noi, determina le nostre scelte relazionali.

Parlando di relazioni associate al tema di questo mese della Psicoteca (il Tribunale-fai-da-te) mi viene spontaneo pensare al lavoro di Eric Berne, padre della Analisi Transazionale.
Prima ancora, però, che rivolgermi alle sue teorizzazioni riguardanti gli stati dell’Io, ritengo interessanti le sue riflessioni sulle formazioni dei giudizi (Intuizioni e Stati dell’Io, una sua opera fondamentale); in fondo, parlando di Tribunali, non arriviamo poi a formulare delle sentenze, quindi dei giudizi? Una sentenza definitiva si dice proprio “passata in giudicato”.
Si formano in noi dei giudizi riguardanti delle altre persone, e, contemporaneamente, ci si immagina le modalità con cui dovremmo relazionarci ad esse, partendo dalla idea che ci siamo fatti di noi stessi.
È piuttosto conosciuta la tipologia del super-narcisista istrionico, colui che deve per forza essere al centro dell’azione, colui che se si trova ad un matrimonio vuole essere lo sposo, e se è ad un funerale, il morto. Il rapporto che egli intende instaurare con il resto del mondo dipende dalla idea grandiosa che ha di se stesso: in lui, anziché un “Tribunale”, potremmo dire che ci sia la giuria di un concorso a premi, e, naturalmente, lui si sente autorizzato ad ottenerne sempre il primo!

Non mi voglio però occupare di questo tipo di fenomeno, non in questa sede: in questo mese mi sto preparando all’appuntamento della Psicoteca, che avrà come tema il Tribunale Interno (fai-da-te) che la maggior parte di noi si porta appresso. E tale Tribunale inficia parecchio sulla qualità delle nostre relazioni.
Il marito che non riesce ad imporsi alla moglie, per esempio.
Oppure il figlio che non riesce a determinare il suo punto di vista davanti ai genitori.
Andando più sul pratico, potremmo incontrare il venditore che, nonostante la sua preparazione, anche psicologica, NON riesce a vendere.
E possiamo anche andare più sul patologico, pensando ai bulli che non possono relazionarsi con il prossimo in modo diverso dallo spaventare e vessare i più deboli.

Tutti, tutti questi fenomeni, dipendono dalla valutazione che ognuno dà di sé: se il giudice interno è inflessibile, il comportamento, per quanto razionalmente ci si sforzi, non può cambiare.
Un uomo che internamente si è sentenziato debole e in colpa verso le donne (faccio un esempio a caso, le motivazioni possono essere infinite; la “sentenza” è invece sempre personale, personificata) non riuscirà ad imporsi ad una moglie che, molto probabilmente, ha un carattere che rende oltremodo difficile farsi ascoltare; e questo è magari il motivo principale che lo ha indotto a scegliere proprio quella donna!
Oppure il bullo che interiormente si è sentenziato incapace di avere un confronto civile con la gente, perché si sente inadeguato, compenserà questo senso di inferiorità tormentando quelli che percepisce deboli, non concedendosi altra forma di compensazione.
In entrambi i casi, l’impostazione della relazione con gli altri dipende in origine dalla “sentenza” che ci si è dati su se stessi (lascio a voi lettori una interpretazione degli altri due esempi: sarebbe interessante discuterne in diretta all’appuntamento video durante la Psicoteca).

Anche in questo caso potrebbe sopraggiungere lo sconforto: – Allora non c’è niente da fare, siamo condannati a non modificarci mai, a rimanere così per sempre!-
Ma… se fosse così, noi psicologi che ci staremmo a fare?
Nella fattispecie voglio proprio aprire un solco di speranza: affrontando delle tematiche con un punto di vista diverso, tenendo in considerazione le istanze del nostro inconscio, anziché combatterle, abbiamo la possibilità di modificare ciò che credevamo incrostato, irremovibile!
Parliamone insieme il 26 Marzo!