13 Apr

SUPERARE LIMITI PSICOLOGICI IN GARA – il parere di Sara D’Ambrogio

In attesa della pubblicazione del libro che descriverà il nuovo metodo Unlocking (pensato per sbloccare limiti psicologici in gara), parliamo con degli addetti ai lavori chiedendo il loro parere sui suddetti limiti.

Parlo al plurale perché gli autori sono due: oltre a me c’è il mio collega ed amico Davide Perrone, con il quale ho ideato e messo a punto <Unlocking>.

Inizio la raccolta dei pareri degli <addetti ai lavori> con un gradito ritorno: a un anno di distanza, torno a intervistare Sara D’Ambrogio, campionessa prima di tennis e poi di paddle, nonché istruttrice di entrambi gli sport, con la quale ebbi l’onore di inaugurare il mio blog, un anno fa.

Sara, vuoi fare un breve riassunto del tuo percorso professionistico?

Ho iniziato a giocare a tennis all’età di 5 anni, con mio papà.  Fino ai 12 anni ho vinto molti tornei provinciali e regionali, compreso lo scudetto italiano in coppia con Roberta Vinci.  Poi ho dovuto abbandonare per motivi che non voglio ricordare. A 18 anni ho ripreso a giocare e ho vinto tutti i tornei di categoria che c’erano, ma poi ho realizzato che non avevo i mezzi economici per proseguire nel tennis professionistico. A 21 anni decisi così di iniziare con l’insegnamento, che è diventata la mia passione.

Poi ha scoperto il paddle…

Sì, è iniziato per caso. Nel mio circolo realizzarono un campo, e già prima di provarlo mi son detta “questo sarà il mio sport”. In breve mi sono ritrovata in serie A e da lì è iniziato il mio percorso agonistico,  con ottimi risultati  in Italia.

Quali sono le peculiarità del tuo modo di insegnare?

Soprattutto la semplicità.  Penso che si debba insegnare  facendo provare subito cosa si sta facendo. Mi piace adottare termini semplici,  far arrivare subito la mia passione attraverso il divertimento, e vedo che ciò porta miglioramenti rapidi nei miei allievi. In poche parole, il mio è l’insegnamento con il sorriso.

Veniamo agli argomenti relativi ad Unlocking. Nella tua esperienza, hai riscontrato delle situazioni di gara che <si vorrebbero evitare>, anche se fanno parte del gioco?

Con giocatori che seguo questo capita spesso. Per esempio succede di incontrare avversari che non stanno particolarmente simpatici,  oppure che sono molto più forti, e in tali casi noto diverse forme di evitamento. Durante la gara, a me  personalmente è capitato di voler evitare dei tie-break. Soprattutto durante delle partite tirate in qualche torneo importante, ero molto tesa durante i primi punti dei tie-break, per cui se avessi potuto li avrei evitati tranquillamente.

Com’è il livello di attivazione quando si vivono le situazioni che si vorrebbero evitare: uguale, maggiore o minore?

A me, durante alcuni tie-break importanti  la tensione saliva.
Ricordo un episodio in cui mi salì tantissimo, anche se non era un tie-break: mi capitò all’inizio della Serie A, quando fui affiancata da una giocatrice di livello mondiale. Avevo i battiti del cuore accelerati, il respiro affannoso e una forte ansia da prestazione:  era perché ci tenevo a dimostrare di non essere  inferiore a lei.

Com’è la qualità della lucidità mentale in tali occasioni?

Molti vanno in confusione e non riescono ad uscirne. Tendenzialmente direi  quindi che la lucidità diminuisce, anche se penso sia qualcosa di soggettivo.

Come affronti tu queste situazioni?

Ho imparato a gestire queste situazioni attraverso il dialogo interno: con poche parole riesco a riprendere fiducia in me e nei miei mezzi.
Mi rendo conto però che non si tratta di una soluzione facile per tutti.

Grazie, Sara, è sempre un piacere parlare con te. In bocca al lupo per la tua carriera e… per le tue Clinic, che so essere molto apprezzate. Chissà se troveremo il modo di collaborare insieme?

Perché no? I presupposti ci sono. Grazie a te, e auguri  per il tuo nuovo strumento di lavoro. Mi sa che ce n’è bisogno!